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Tutto questo dolore è un’illusione/ Cimitero della Recoleta, Buenos Aires

Vita e morte, dolore e consolazione non sono protagonisti tra le centinaia di statue e le oltre 4800 cappelle del Cimitero della Recoleta. Piuttosto lo sono vanagloria e orgoglio: poche volte la commozione si fa largo fra le lente file di panteon che descriveva Borges, nella pesante magniloquenza di uno dei luoghi più controversi della città.
Molti abitanti di Buenos Aires vedono nel cimitero un simbolo dell’oligarchia che storicamente asfissia il paese. Nella zona dove a inizio Settecento gli agostiniani “recoletos”, dediti cioè al raccoglimento, avevano costruito convento e cimitero, in seguito alla febbre gialla del 1870 giunsero le famiglie ricche della città, per godere della lieve altura e dell’aria salubre.
Ben presto, il cimitero divenne lo specchio del loro prestigio.

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Adesso, se a prima vista affascinano le statue dai lineamenti angelici, le pose contrite e le figure slanciate verso il cielo, giunti alla decima e alla centesima scultura, ognuna appare stucchevole, copia della precedente, obbediente alla moda.
Stufano le targhe commemorative; sorprende la sterilità delle élite, la mancanza di un colpo di genio, di uno strazio sincero, di una frase consolatrice e perché no di un sorriso.
Con alcune eccezioni. Ad esempio il Cristo Redentore di Pedro Zonza Briano, che accoglie il visitatore poco dopo l’ingresso: un Cristo anziano e calvo che così sembra davvero figlio dell’uomo.
Poche altre cose commuovono. Tra queste, la poesia in italiano che il padre della giovane Liliana Crociati dedicò alla figlia, morta sotto una valanga in Austria: Perché non si può stare senza te, perché?/Tanto bella eri che la natura invidiosa ti distrusse, perché?/Perché, solo mi domando se Dio c’é, con se porta via ciò che suo non è.

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La cappella più famosa è quella, piuttosto anonima, della famiglia Duarte. I visitatori affollano l’angusto vicolo e fotografano i fiori incastrati nella grata nera, tra i pochi del cimitero, lasciati in omaggio a Evita. Le guide turistiche spiegano le mille traversie che sopportò il corpo della moglie di Perón: mummificato, oggetto di culto, trafugato dai militari, sepolto a Milano sotto falso nome, tornato in patria, unito a quello del marito, separato e infine destinato alla tomba di famiglia.

Tante altre figure di spicco della storia argentina sono qui sepolte, tra le quali venticinque presidenti costituzionali. Alla Recoleta, dopo un lungo penare, sono giunti i resti di Julio Argentino Roca, artefice della “Campagna del Deserto”: gli è dedicato un mausoleo, mentre migliaia di chilometri più a sud, nello stesso paese, il suo nome viene cancellato dalle strade come genocida e sterminatore di indigeni.

Oltre ai grandi nomi della politica, ve ne sono altri famosi non per le vite, ma per le morti.
Rufina Cambaceres morì il giorno dei suoi 19 anni, si dice, dopo aver ricevuto la notizia della relazione tra l’amato Hipolito Yrigoyen, futuro presidente del paese, e la sua stessa madre. Si dice anche che Rufina fu sepolta viva per un attacco catalettico, che un custode sentì dei colpi provenire dalla bara e che la trovarono con il viso disperato, straziato dallo sforzo.

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Tiburcia Domínguez fece costruire le spalle la propria statua e quella del marito, con il quale non parlò per tutta la vita, come dandosi le spalle, per tenersi il broncio in eterno.
David Alleno, custode del cimitero, riuscì a risparmiare e a comprare una piccola cappella in cui farsi immortalare con la sua pala da lavoro; leggenda vuole che si sia suicidato appena finita la statua, ansioso di accomodarsi nella sua casa perenne.

Allontanandosi dai percorsi abituali, freddi di pettegolezzo e turismo, ecco cappelle disastrate, coppiette in intimità e pentagrammi abbandonati. Un cuore rosa scempia uno dei muri perimetrali; due amanti hanno sfidato l’angoscia con una semplice equazione: Marga + Julian = ∞. Uno scarabocchio con pennarello nero, All this pain is an illusion, tutta questa pena è un’illusione, scritto da un adolescente che forse intendeva spiegare la vita, sembra possa descrivere ancora meglio la natura stessa di questo cimitero.

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