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Matera. Valentina e la città ridisegnata

L’impressione, lasciando la piazza principale di Matera per smarrirsi nei vicoli del Sasso Barisano, è che ci si lasci alle spalle le rappresentazioni ufficiali della città, a volte troppo rassicuranti o smemorate. Sembra, nel silenzio e nell’arsura di mezzogiorno, che ogni casa e ogni volto aspettino di urlare la propria storia, la propria versione dei fatti.

Valentina, ad esempio. Un giorno con lei significa passare dal caldo al fresco, dalla terracotta alle stelle, dalle linee della mano ai disegni. Confessa: «La prima volta qui ho pensato: “Mamma che posto, ma che è? Meno male che so’ tre mesi”. So’ passati otto anni».

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Nata a Vasto, laureata in Scenografia e Belle Arti a Bari, arriva a Matera per aiutare un’amica nella vendita di souvenir. È rimasta qui. Per amore, non di una persona, ma di un luogo.
Dopo aver lavorato a lungo come cameriera, «sfruttata e sottopagata», si dedica ora all’Arte a tutto tondo. Su una scalinata nel Sasso Barisano espone i suoi disegni, nei quali assembla scorci differenti della città per crearne di nuovi. Per realizzarli, attinge dal suo archivio di foto e cartoline. «Ho da sempre la passione per il collage e, osservando i Sassi, è venuta fuori in modo prepotente».

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Fra una sigaretta e l’altra, la sua vicenda si intreccia con la storia materana: «Qui c’erano 30mila persone, delle tradizioni. Il vicinato si aiutava: i figli di uno erano figli di tutti. Lo Stato non doveva sgomberare, ma fare ciò che ha fatto trent’anni dopo: portare tubature, migliorare il migliorabile».

Ma lo Stato ha evacuato, costruito in altre zone con ricchi appalti, e poi ripopolato i Sassi con prezzi poco accessibili e vocazione turistica. Secondo Valentina, un progetto ben chiaro fin dall’inizio, che ha stravolto Matera: «Hai voglia a fare gli imprenditori di ‘sto cazzo: siamo una realtà rurale, la nostra identità è artigiana!». Invece non c’è una scuola d’Arti e mestieri, e si perde, nella città del celebre carro del 2 luglio, la tecnica della lavorazione della cartapesta.
Eppure Matera resta la casa dei “tumulti di creatività”, come disse Vittorio Storaro, premio Oscar per la Fotografia. Una breve passeggiata con Valentina conferma che è qualcosa che va oltre la vendita e il profitto: in una piazzetta, alcuni bambini raccolgono grucce abbandonate e le appendono a un filo, riempiendo l’aria di fantasia e di movimento. Chiedono scusa, con timore, ai negozianti che si affacciano incuriositi, ma questi li applaudono e li chiamano “artisti”.

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Se con l’Arte ci vuoi vivere, però, la vita per un giovane a Matera è dura. Ciononostante, Valentina non si è persa d’animo, almeno non troppo.

Nel fresco e nell’umido della sua casa nei Sassi, sotto una conchiglia fossilizzata nella parete chissà quanti millenni fa, estrae dal suo cilindro un coniglio dopo l’altro: espone sull’uscio braccialetti e monili, fischietti tradizionali e piccole lumache di terracotta; mostra una valigia piena di amuleti, frutto di anni di studi astrologici. Tutto fatto da lei.
Infine legge la mano, come quando si veste da strega nelle feste di paese. Legge la sinistra e la destra, il passato e il presente, le linee più lunghe e quelle brevi, e, mentre interroga le falangi, ti fa pensare sorridente ad aspetti di te stesso che non conoscevi, o non ricordavi. Quantomeno, ti fa osservare le tue mani per dieci minuti, dopo chissà quanto tempo.
Intanto, sotto i panni stesi, tra disegni di scorci inesistenti e scarpe vecchie utilizzate come vasi per le piante, sonnecchia Zoro, il cagnolone color panna di Valentina, che è arrivato con lei a Matera. Forse anche lui sta sognando d’Arte, architettando, come la sua compagna di viaggio, un altro modo per stupire.

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